Inefficace la procura rilasciata dal beneficiario prima dell’apertura dell'amministrazione di sostegnoFonte: Cass. Civ. sez. I, 10 giugno 2024, n. 16052
28 agosto 2024
Qualora la persona, anteriormente all'apertura dell'amministrazione di sostegno, abbia rilasciato una procura generale o speciale in favore di un terzo, essa ha, con quest'atto, fondato sulla capacità di liberamente disporre dei propri diritti, espresso la volontà di affidare la gestione dei suoi interessi, in tutto o in parte, al mandatario. Se successivamente è nominato un amministratore di sostegno a cui sono conferiti poteri di rappresentanza o di assistenza, decade di per sé la procura anteriore, se riguarda quegli atti per cui sono estese al beneficiario le stesse limitazioni dell'interdetto o dell'inabilitato, venendo meno il presupposto sul quale la procura si fonda, e cioè la piena capacità di esercitare quei diritti e di disporne. La vicenda trae origine dal reclamo proposto dall'amministratore di sostegno avverso il decreto con il quale il Giudice Tutelare, non approvando i rendiconti da lui presentati in qualità di amministratore di sostegno della madre, dichiarava chiusa l'amministrazione di sostegno – essendo stata la beneficiaria nelle more interdetta – disponendo la trasmissione del provvedimento alla Procura della Repubblica per le valutazioni di competenza in ordine alla sussistenza dei reati di cui agli artt. 314, 323, 328 c.p., nonché al tutore e al protutore per le iniziative ex artt. 382 e 411 c.c. Ai rendiconti erano, infatti, state presentate osservazioni da parte del tutore, dell'altro figlio e del nipote della signora, evidenziando prelievi non giustificati da parte dell'amministratore di sostegno per rilevanti importi. Il proposto reclamo si fondava sulla censura che il giudice tutelare avrebbe errato a consentire la presentazione di osservazioni sui rendiconti dell'amministratore di sostegno da parte di soggetto che non era il tutore o l'erede e sulla circostanza che i suddetti rendiconti fossero regolari, poiché l'amministratore non necessitava di autorizzazione per proporre o resistere in giudizio a difesa della madre, essendo il suo legale rappresentante. La Corte d'appello - adita in riassunzione dopo la dichiarazione d'incompetenza del Tribunale - respingeva il reclamo, ritenendo i prelievi ingiustificati, poiché, in base a quanto disposto dal decreto di apertura della misura di protezione, la beneficiaria non poteva assumere obbligazioni per importi superiori ad euro 500,00 se non con l'assistenza dell'amministratore e l'autorizzazione del Giudice tutelare, e, inoltre, che l'amministratore avesse ecceduto i propri poteri di rappresentanza processuale conferendo a se stesso un mandato professionale oneroso. Avverso tale provvedimento l'ex amministratore di sostegno proponeva ricorso in Cassazione, ex art. 360, n. 5 c.p.c., per errore nella ricostruzione del fatto posto a fondamento della decisione e per omesso esame ed omessa motivazione sulla giustificazione della intera attività gestionale compiuta in continuità e in virtù della procura notarile già esistente al momento della nomina quale amministratore di sostegno, contenente un mandato gestionale in rem propriam illimitato ex art. 1723, comma 2 c.c., nonché una procura generale alle liti ex art. 1722 c.c. La questione posta all'attenzione della Suprema Corte riguarda sostanzialmente la perdurante efficacia della procura speciale, contenente un mandato anche in rem propriam irrevocabile, conferita al sopravvenuto amministratore di sostegno per la gestione di tutto il patrimonio immobiliare dell'amministrata, anche per quota indivisa, con poteri di incasso e spese e compensazione senza limiti di prelievo e di spesa e una procura generale alle liti. Occorre valutare se la sopravvenuta incapacità della mandante, in assenza di ogni statuizione in proposito all'interno del provvedimento di nomina dell'amministratore di sostengo, sia idonea a comportare l'estinzione della procura rilasciata antecedentemente all'incardinarsi dell'amministrazione di sostegno e alla nomina del procuratore quale amministratore. Sul presupposto, accertato dalla Corte, che gli atti compiuti dall'amministratore fossero atti per i quali la capacità di agire della beneficiaria era stata limitata, prevendendosi nel decreto di nomina il loro compimento solo con la assistenza dell'amministratore e previa autorizzazione del Giudice tutelare, la Suprema Corte ha ritenuto che il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno avesse privato di efficacia la precedente procura volontaria. L'iter argomentativo utilizzato dalla Cassazione si fonda, conformemente a quanto già motivato in precedenti pronunciati di legittimità (Cass. 8 febbraio 2024, n. 3600), sull'applicazione, anche all'amministrazione di sostegno, della norma dell'art. 1722 c.c., a mente della quale, l'interdizione o l'inabilitazione del mandante comporta l'estinzione del mandato. Nonostante la suddetta norma non contempli l'ipotesi in cui il mandante divenga beneficiario di un provvedimento di amministrazione di sostegno, è evidente che lo scopo della norma è di affermare che nessuna procura volontaria può continuare ad avere effetto nel momento in cui si limita la capacità di agire del mandante (Cass. 8 febbraio 2024, n. 3600). In tal senso, l'art. 1722 c.c. è stato scritto in un momento storico in cui le uniche misure limitative della capacità di agire erano l'interdizione e l'inabilitazione, e – verosimilmente per un difetto di coordinamento - non è stato aggiornato dopo l'entrata in vigore della l. 9 gennaio 2004, n. 6, introducente nel codice civile la nuova misura di protezione dell'amministrazione di sostegno. Tuttavia, poiché l'art. 411 c.c., come introdotto dalla predetta legge 6/2004, consente di estendere al beneficiario gli stessi effetti, limitazioni e decadenze previste per l'interdetto o l'inabilitato, con la specifica indicazione degli atti che il beneficiario non può compiere o non può compiere da solo e ispirandosi al principio della minore limitazione possibile della capacità di agire, devono ritenersi estese al beneficiario anche le limitazioni imposte ex lege ad interdetti ed inabilitati (compresi gli effetti previsti dall'art.1722 c.c.), sia pure con riferimento ai soli atti espressamente indicati dal giudice tutelare. Ciò vale, non solo nel caso in cui sia nominato amministratore di sostegno persona diversa dal precedente rappresentante volontario, ma anche nel caso in cui sia nominata la stessa persona che, in questo caso, trarrà la fonte dei suoi poteri, non più dalla procura, ma dal decreto di apertura della amministrazione di sostegno, entro il perimetro tracciato e con i limiti in esso imposti, compreso l'obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione del giudice tutelare. La presente pronuncia consente di effettuare alcune osservazioni sulla capacità di agire del soggetto beneficiario dell'amministrazione di sostegno. Secondo la definizione offerta dalla giurisprudenza di legittimità, la misura dell'amministrazione di sostegno, prevista dall'art. 3 l. n. 6/2004, ha la finalità di offrire, a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi, nella minor misura possibile, la capacità di agire. La suddetta flessibilità, tesa ad adeguarsi alle esigenze del soggetto con il minor sacrificio possibile della sua capacità, la distingue dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali interdizione e inabilitazione, non soppressi dal legislatore, ma solo modificati attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 c.c. Fulcro del nuovo istituto è l'art. 409 c.c. che, al comma 1, sancisce che il beneficiario conservi la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. Ne consegue che tutto ciò che il giudice tutelare, nell'atto di nomina o in un successivo provvedimento, non affida all'amministratore di sostegno, resta nella completa disponibilità di quest'ultimo. Ciò in quanto la relativa disciplina delinea una generale capacità di agire del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, con esclusione di quei soli atti espressamente menzionati nel decreto di apertura della misura, in cui sono specificati gli atti che l'amministratore ha il potere compiere in nome e per conto del beneficiario, nonché quelli che quest'ultimo può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore (art. 405 c.c.). Al giudice tutelare è , inoltre, attribuito il potere di disporre, con il provvedimento di nomina dell'amministratore o in un momento successivo, limitazioni o decadenze analoghe a quelle previste dalle disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, ove tale estensione sia giustificata dall'interesse del soggetto tutelato (art. 411 c.c., che opera rinvio, in quanto compatibili, alle disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388 c.c. e a quelle di cui agli artt. 596,599 e 779 c.c.). In tal caso, per la giurisprudenza di legittimità in commento, relativamente ai soli atti espressamente indicati dal giudice, si estenderebbero al beneficiario anche le limitazioni imposte ex lege ad interdetti ed inabilitati (compreso l'art. 1722 c.c.). Quanto alla procura, occorre distinguere, il caso della procura rilasciata dal beneficiario prima della nomina dell'amministratore di sostegno, da quella conferita successivamente. Relativamente alla prima ipotesi, la dottrina ritiene che non si applichi alla fattispecie la previsione dell'art. 1722, n. 4 c.c., prevista solo per interdizione ed inabilitazione, giungendo, tuttavia, alla medesima conclusione della giurisprudenza di legittimità nel ritenere che, per quegli atti per i quali il giudice tutelare abbia previsto la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno, la suddetta procura non sarà più utilizzabile, in quanto inefficace ai sensi dell'art. 1389, comma 2, c.c. Difatti, per gli atti espressamente indicati nel decreto di nomina, il beneficiario presenta una capacità limitata ovvero esclusa, di guisa che la procura precedentemente conferita non sarà per tali atti più utilizzabile. Conformemente a tale assunto, l'amministrato appare abilitato a rilasciare procure, anche in epoca successiva all'apertura dell'amministrazione di sostegno, per tutti quegli atti non previsti nel decreto di nomina e per i quali conserva piena capacità di agire. Pur giungendo alla medesima conclusione, fondata sull'accertamento della capacità del beneficiario, come delineata nel decreto di nomina dell'amministratore di sostegno, mentre la dottrina utilizza a sostegno della propria argomentazione la norma in tema di rappresentanza di cui all'art. 1389 c.c., la giurisprudenza di legittimità estende all'amministrazione di sostegno l'applicazione dell'art. 1722, n. 4 c.c., dettato per interdizione e inabilitazione, quale espressione del principio generale per cui nessuna procura volontaria può continuare ad avere effetto nel momento in cui si limita la capacità di agire del mandante, di guisa che, se il soggetto perde la capacità di compiere quegli stessi atti per i quali era stata rilasciata la procura (amministrazione sostituiva), il mandato si estingue, salvo (e nella parte in cui) sia stato conferito anche per quegli atti per i quali si conserva la capacità. La Suprema Corte si era, infatti, già espressa nel senso di ritenere che, qualora la persona, anteriormente all'apertura dell'amministrazione di sostegno, abbia rilasciato una procura generale o speciale in favore di un terzo o di un parente, il mandatario ex contractu decade dalle funzioni privatistiche conferitegli dal mandante e la procura anteriormente rilasciata perde di valore, ove riguardi quegli stessi atti per i quali sono estese al beneficiario le limitazioni dell'interdetto o dell'inabilitato assistite dal supporto del neonominato amministratore di sostegno (Cass. 8 febbraio 2024, n. 3600). |