La costituzione di servitù di parcheggio su fondo altrui mediante convenzione

    Fonte: Cass. Civ. sez. un., 13 febbraio 2024, n. 3925
    31 luglio 2024

    La Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza in commento, pone fine al contrasto giurisprudenziale in materia di costituzione di servitù prediali di parcheggio mediante convenzione, ammettendone la possibilità. Partendo dal presupposto che lo schema previsto dall'art. 1027 c.c. non precluda in assoluto la costituzione di servitù di parcheggio a condizione che, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà si risolva in un vantaggio per il fondo dominante, se ne trae la conseguenza che l’autonomia contrattuale è libera di prevedere una utilitas che si traduca nel diritto di parcheggio di autovetture secondo lo schema della servitù prediale, purché nell’osservanza dei requisiti tipici del diritto di servitù.

    Massima

    In tema di servitù, l'art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù di parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sussistano i requisiti del diritto reale tra cui, in particolare, la localizzazione.

    Il caso

    V. F., dopo avere acquistato il 18 luglio 2011 da E. Z. e U. S. un fondo, aveva proposto domanda di nullità presso il locale Tribunale contro la “A s.r.l.” con riferimento alla servitù di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi costituita con atto del 15 febbraio 2011 dai suddetti E. Z. e U. S. a favore di un terreno alienato alla società “A s.r.l.” e a carico del fondo successivamente alienato a V.F.

    Il Tribunale con sentenza n. 1348/2016 aveva respinto la domanda di nullità.  

    A sua volta, la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza n. 1606/2018, rigettava il gravame in seguito proposto da V. F., motivando nel modo seguente: l'appellante ha acquistato il suo immobile conoscendo l'esistenza della servitù di parcheggio, che era riportata nell'atto di trasferimento; la servitù non è irregolare in quanto dalla lettera dell'atto costitutivo si ricava la predialità; l'eccezione di nullità della servitù è infondata poiché resta una utilità residua per il fondo servente; l'utilità del fondo dominante è data dalla possibilità di fornire piazzali adeguati alla società e quindi nel più comodo sfruttamento del fondo dominante a vocazione industriale; non difetta il requisito della “localizzazione” della servitù, essendo individuate le particelle catastali interessate dalla servitù; sussistono anche gli altri requisiti tipici della servitù (specificità, determinatezza e inseparabilità).

    Avverso tale sentenza V.F. ha proposto ricorso per Cassazione che ha comportato l'assegnazione del ricorso stesso alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza in merito alla possibilità di costituire servitù prediali di parcheggio.

    La questione

    La sentenza in commento pone la questione relativa all’ammissibilità della costituzione e riconoscimento di servitù prediali di parcheggio poichè alcune pronunce hanno negato la possibilità di costituire una servitù di parcheggio per l’assenza del requisito della realità, tipico del diritto di servitù, a differenza di altre pronunce che ne hanno ammesso la configurabilità.

    Le soluzioni giuridiche

     Ripercorrendo l'iter giurisprudenziale in materia di costituzione di servitù prediali di parcheggio occorre partire dall'orientamento espresso dalla Suprema Corte con sentenza 28 aprile 2004, n. 8137,  in cui si è sostenuto che il parcheggio di autovetture su di un'area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche l'estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, poiché tale diritto è caratterizzato, in primo luogo, dalla "realitas", ossia dalla inerenza al fondo dominante dell'utilità e al fondo servente del peso. Al contrario, la mera "commoditas" di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedano al fondo non può integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, divenendo, piuttosto, un vantaggio personale per i proprietari. Questo principio è stato, successivamente ripreso anche dalle sentenze della Cassazione n. 1551/2009 e n. 5769/2013.

    In proposito, si è affermato che il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali (le cosiddette "servitù irregolari"), che si caratterizzano per essere delle limitazioni del diritto di proprietà di un fondo a vantaggio del singolo proprietario e non del fondo vicino. Una tale convenzione negoziale andrebbe, quindi, inquadrata nell'ambito del diritto d'uso oppure del contratto di locazione o di contratti affini, quali l'affitto o il comodato e non rientrerebbe nel campo della costituzione di un diritto reale di servitù.

    Ne deriva che il relativo diritto non può ritenersi trasmissibile in mancanza di una apposita convenzione stipulata dall'avente diritto con il nuovo proprietario del bene oggetto della limitazione e che non risulta ammissibile un acquisto per usucapione della servitù di parcheggio, sia per l'eventuale assenza delle opere richieste dall'art. 1061 c.c., sia per la natura meramente personale dell'utilità.

    Successivamente, con la sentenza 6 novembre 2014, n. 23708 la Corte di Cassazione giunge  ad affermare il principio della nullità del contratto costitutivo di servitù di parcheggio per impossibilità dell'oggetto.

    Tuttavia, a partire dal 2017, la giurisprudenza di legittimità registra un'inversione di tendenza, allineandosi alle posizioni della dottrina in materia e cominciando a considerare ammissibile, a certe condizioni, la possibilità di costituire una servitù di parcheggio.

    In particolare, con la sentenza del 6 luglio 2017, n. 16698 si afferma che lo schema previsto dall'art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù di parcheggio a condizione che, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà si risolva in un vantaggio per l'altro fondo, al fine di consentirne la sua migliore utilizzazione, fermo restando che al proprietario del fondo servente deve residuare la possibilità di utilizzare quest'ultimo, pur con le restrizioni e limitazioni che discendono dal vantaggio concesso al fondo dominante.

    Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 3925/2024, aderiscono alla tesi favorevole alla configurabilità, a determinate condizioni, di una convenzione istitutiva di una servitù di parcheggio.

    Innanzitutto, la Suprema Corte concorda con l'impostazione, accolta dalla dottrina, che coglie un'affinità tra il transitare o il parcheggiare un'autovettura all'interno di un fondo di proprietà altrui, poiché, in entrambi i casi, i proprietari di fondi confinanti, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., possono dar luogo tanto ad un rapporto di natura reale, mediante l'imposizione di un peso sul fondo servente per l'utilità del fondo dominante (creando quindi una relazione di asservimento del primo al secondo, che si configura come qualitas fundi), quanto alla costituzione di un obbligo e di un corrispettivo diritto a vantaggio e per la comodità della persona specificamente indicata nell'atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria.

    Inoltre si richiama l'argomento di ordine sistematico rappresentato dalla legislazione sui vincoli di parcheggio, visto che, a partire dalla l. n. 765/1967, il legislatore ha favorito  la destinazione di spazi privati a parcheggio per decongestionare gli spazi pubblici e dunque ha condizionato l'edificabilità del fondo alla disponibilità del parcheggio. Non si potrebbe allora sostenere l'inammissibilità della costituzione di una servitù di parcheggio per difetto dell'inerenza al fondo, in quanto questa argomentazione condurrebbe ad una contraddizione in termini: il parcheggio non sarebbe utile al fondo eppure ne condizionerebbe l'edificabilità.

    La tesi favorevole alla costituzione della servitù di parcheggio, pertanto, valorizza il concetto di tipicità strutturale, ma non contenutistico della servitù. Ne consegue che l'autonomia contrattuale è libera di prevedere una utilitas – destinata a vantaggio non già di una o più persone, ma di un fondo - che si traduca nel diritto di parcheggio di autovetture secondo lo schema della servitù prediale, purché nell'osservanza di tutti i requisiti dello ius in re aliena, quali l'altruità della cosa, l'assolutezza, l'immediatezza, l'inerenza al fondo servente e al fondo dominante, la specificità dell'utilità riservata e la localizzazione, intesa quest'ultima quale individuazione del luogo di esercizio della servitù affinché non si incorra nella indeterminatezza dell'oggetto e nello svuotamento di fatto del diritto di proprietà.

    Osservazioni

    Appare di immediata evidenza che una rilevante conclusione cui perviene la sentenza in commento è che la tipicità delle servitù volontarie abbia carattere strutturale e non contenutistico, ragione per cui è sul piano della conformazione che si deve verificare la possibilità di costituire la servitù di parcheggio.

    In altri termini, non si può escludere che i proprietari di fondi confinanti, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., possano dare luogo ad un rapporto di natura reale, mediante l'imposizione di un peso sul fondo servente per l'utilità del fondo dominante, rappresentato dalla costituzione di una servitù di parcheggio.

    Occorre, però, che il diritto costituito presenti una serie di requisiti, caratterizzanti il diritto di servitù e in particolare: l'immediatezza, poiché il titolare del fondo dominante deve potersi avvalere dell'utilitas derivante dalla servitù senza la collaborazione di altri soggetti; l'inerenza sia al fondo servente, intesa quale peso gravante su detto fondo, sia al fondo dominante, intesa quale utilità apportata al fondo;  la vicinanza, in quanto, per essere utile, l'area destinata al parcheggio non deve essere lontana dal fondo dominante.

    Quindi, una volta verificata la presenza dei predetti requisiti e considerato:

    •  che la “realitas”, la qualeuq distingue il diritto reale su cosa altrui dal diritto personale di godimento, implica l'esistenza di un legame strumentale ed oggettivo, diretto ed immediato, tra il peso imposto al fondo servente ed il godimento del fondo dominante, nella sua concreta destinazione e conformazione, per incrementarne l'utilizzazione, in misura tale da arrecare vantaggio a chiunque sia il proprietario del fondo dominante e non sia legato ad una attività personale del soggetto;
    • che l'utilitas per il fondo dominante (cui deve corrispondere il peso per il fondo servente) può avere un contenuto molteplice, come deriva dalla stessa previsione del legislatore, che fa riferimento alla maggiore comodità o amenità del fondo dominante o all'inerenza alla destinazione industriale del fondo (art. 1028 c.c.) (l'esempio classico è quello del fondo a destinazione abitativa che vede accrescere la sua utilità dal diritto di parcheggiare sul fondo vicino);
    • che l'asservimento del fondo servente deve essere tale da non esaurire ogni risorsa o utilità che il fondo servente può dare e il proprietario deve poter continuare a fare ogni e qualsiasi uso del fondo che non confligga con l'utilitas concessa;

    ne deriva che l'art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù di parcheggio di un veicolo sul fondo altrui.